23.7.14

23.7.1930

Terremoto scomodo in Irpinia.

2.142 morti, 4.551 feriti  completamente dimenticati.
All’1.08 una scossa colpisce una vasta area compresa tra l’Alta Irpinia e la zona del Vulture, danneggiando le province di Avellino, Napoli, Benevento, Foggia, Potenza e Salerno. I centri abitati più colpiti sono quelli in provincia di Avellino, ossia Lacedonia, Aquilonia e Villanova e quelli in provincia di Potenza sono Rapolla, Barile, Rionero, Atella e Melfi, ai piedi del Monte Vulture.
No, care Lettrici e cari Lettori, non è il tristemente famoso Terremoto in Irpinia del 1980, bensì quello del 23 luglio 1930.
Sì, 84 anni fa la nostra Terra tremò. 
Sangue, distruzione e disperazione.
Come mai nessuno/a si è ricordato di questo evento tellurico?
Esistono i Terremoti ondulatori, sussultori e quelli scomodi.
Quello scomodo, ovviamente è quello legato all’Epoca Fascista.
L’Italia intera ricorda quello del 1980, per i 3mila morti, le migliaia di sfollati e la vergognosa ricostruzione pluridecennale, fatta di truffe, scandali e ladrocini vari. 
Senza dimenticare l’epopea disumana delle persone che hanno vissuto anni nei prefabbricati, in amianto.
Il nome dell’Irpinia, nel resto della Nazione e non solo, è sinonimo di sangue versato, speculazione malavitosa e sciacallaggio partitico.
Ma quello del 1930? Perché non viene menzionato? Forse 84 anni sono troppi? Eppure quello di Messina, spesso ricordato dagli addetti ai lavori, risale addirittura al 1908.
La risposta è amara.
La mistificazione storica è figlia di questa politica marcia, nata dal Disonore e dall’infamia.
Il Terremoto Fascista non deve essere ricordato, ecco tutto.
Eppure, quella tragedia vide la nascita operativa della Protezione Civile Nazionale, in base al Regio Decreto Legge del 9 dicembre 1926 e alle successive norme tecniche applicate il 13 marzo 1927.
Il Governo Fascista guidato dal Duce Benito Mussolini, ordinò all’allora Ministro dei Lavori Pubblici, tale Araldo Di Crollalanza, di intervenire immediatamente per il soccorso ai terremotati e per la ricostruzione delle cittadine sfigurate dal sisma.
Appena scattato l’ordine, partì l’azione diretta ed efficace dello Stato.
Le norme del 13.3.1927 si legge un ottimo articolo di Filippo Giannini, prevedevano “la concentrazione di tutte le competenze operative, nei casi di catastrofe, nel Ministero dei Lavori Pubblici. Il Ministro fece effettuare, nel giro di pochissime ore, il trasferimento di tutti gli uffici del Genio Civile, del personale tecnico, nella zona sinistrata, così come era previsto dal piano di intervento e dalle tabelle di mobilitazione che venivano periodicamente aggiornate. Secondo le disposizioni di legge, sopra ricordate, nella stazione di Roma, su un binario morto, era sempre in sosta un treno speciale, completo di materiale di pronto intervento, munito di apparecchiature per demolizioni e quant’altro necessario per provvedere alle prime esigenze di soccorso e di assistenza alle popolazioni sinistrate. Sul treno presero posto il Ministro, i tecnici e tutto il personale necessario. Destinazione: l’epicentro della catastrofe. Naturalmente, come era uso in quei tempi, per tutto il periodo della ricostruzione, Araldo Di Crollalanza non si allontanò mai dalla zona sinistrata, adattandosi a dormire in una vettura del treno speciale che si spostava, con il relativo ufficio tecnico da una stazione all’altra per seguire direttamente le opere di ricostruzione”.
Strane dimenticanze.
Furono costruite 3.746 case e riparate 5.190 abitazioni.
Nacquero le prime case anti-sismiche in Italia e furono tra le poche a resistere nel 1980.
Il 28 ottobre 1930, anniversario della Rivoluzione Fascista del 1922, vennero consegnate le prime abitazioni.
Appena 90 giorni dopo la tragedia l’Irpinia tornava a vivere.
Ci vuole molta viltà per cancellare questa gloriosa pagina di storia che ha visto il Popolo Irpino e lo Stato Italiano lavorare con umiltà, fermezza e passione verso la stessa direzione. Con successo.
La ricostruzione finale? Quella del 1980 è ancora in corso dopo 34 anni, mentre quella del 1930 finì in pochissimo tempo. Lo Stato Fascista aveva già debellato la vergognosa piaga delle baraccopoli di Messina e Reggio Calabria, in ginocchio dal 1908, in quegli anni ed era in forte crescita su tutti i fronti sociali, conquistando successi per il bene ed il futuro dell’Italia. La spigolosa storia del clamoroso Consenso al Governo Mussoliniano, sottaciuta ad arte anch’essa.
Il telegramma inviato da Mussolini al Ministro Araldo Di Crollalanza, in prima linea a seguire i lavori sul posto, è emblematico: “Eccellenza Di Crollalanza, lo Stato italiano La ringrazia non per aver ricostruito in pochi mesi perché era Suo preciso dovere, ma la ringrazia per aver fatto risparmiare all’erario 500 mila lire”.
Dà fastidio a troppi/e una storia del genere.

Noi siamo in piedi per NON DIMENTICARE.

Lo Schiaffo451

20.7.14

PAOLO BORSELLINO, EROE.


Riflessioni Etiche & Analisi Politiche.

A distanza di 22 anni dalla strage di Via D'Amelio cosa resta del sacrificio di Paolo Borsellino, l’Uomo che pagò con la Vita la difesa dell'Italia? 
Finì in una bara ricoperta da una Bandiera Tricolore, piena zeppa di rabbia, sangue e dolore. Noi non dimentichiamo la reazione del Popolo ai funerali, non di Stato, quando inferocito urlava: "Fuori la Mafia dallo Stato".

Il Popolo ora l'ha commemorato in tutta Italia e Lo Schiaffo451 approfondisce un aspetto poco conosciuto del "Giudice di Ferro", nonostante centinaia di libri e chilometri di pellicola. 
Paolo Borsellino è un Martire per la Patria e si schierò dalla parte dei Vinti.
Un Uomo coraggioso e consapevole della propria condanna a morte. 
Lottò fino all’ultimo con Onore. 
Lo studio e l'analisi della sua tragica storia sono essenziali. 
Antonino Caponnetto affermò quanto segue, per essere chiari: « Un giudice vero fa quello che ha fatto Borsellino, uno che si trova solo occasionalmente a fare quel mestiere e non ha la vocazione può scappare, chiedere un trasferimento se ne ha il tempo e se gli viene concesso. Borsellino, invece, era di un'altra tempra, andò incontro alla morte con una serenità e una lucidità incredibili».
La Bella morte del Combattente.

Ripercorriamo le tappe della sua lotta. 
Paolo tra i banchi del Liceo Classico "Giovanni Meli" di Palermo dirigeva il giornale studentesco "Agorà" e le sue simpatie politiche iniziavano ad emergere e a modellarsi. La sua scelta fu coerente con lo spirito che incarnava il Fascismo, a nostro avviso. La dura offensiva dello Stato contro le cosche malavitose iniziò nel Ventennio e Paolo la continuò, fino al punto di essere dilaniato, con la sua scorta, dall'infame carica di tritolo, che seminò la morte e disperazione tra il rumore assordante delle sirene e degli allarmi antifurto impazziti.
Quindi, la sua non fu un’adesione casuale al Movimento, come certa informazione di regime vuole far credere.
Basti pensare che il magistrato Cesare Terranova si trovò in aula un giovane Paolo Borsellino, a causa di un classico scontro tra studenti Rossi e Neri. 
Ingiustamente indagato, venne assolto per estraneità ai fatti.
Paolo si schierò nel 1959 con F.U.A.N., il Fronte Universitario d'Azione Nazionale, organizzazione erede dei Gruppi Universitari Fascisti, GUF. La famosa ala movimentista giovanile che conviveva, spesso difficilmente, con gli pseudo-fascisti-filo-americani in doppio petto di Arturo Michelini, capo del Msi dal 1954 al 1969. Colui che cedette il posto all'Onorevole Giorgio Almirante. 
La militanza e le qualità morali del giovane Paolo gli permisero di entrare nell'esecutivo provinciale della calda Federazione palermitana.
Anni di lotta, anni difficili, con una guerra persa ancora troppo vicina e un ‘68 troppo lontano. 
Borsellino si distinse per il suo impegno e la Comunità territoriale coronò i suoi sforzi con la brillante elezione come rappresentante studentesco nella lista del FUAN "Fanalino" di Palermo. 
Poco dopo, nel 1963, divenne il più giovane Magistrato d’Italia.
Paolo, Onore e Vanto di un’area politica che sorgeva dalla ceneri della Repubblica Sociale Italiana e continuava ad esprimere dissenso verso lo $fascismo di quei giorni.

Da allora la “militanza” di Paolo ebbe la sua naturale evoluzione nella Magistratura, a difesa del nobile concetto di IVSTITIA.
Paolo, incarnava gli Ideali la Giustizia, gli stessi che spinsero Benito Mussolini in Sicilia ad affrontare con veemenza la Mafia, affidando l'offensiva al Prefetto di Ferro, Cesare Mori.
L’ultima azione, quasi rimossa dalla memoria collettiva, del "Camerata Paolo" fu l’incredibile partecipazione alla Festa Nazionale del Fronte della Gioventù, a Siracusa, nel settembre 1990. Solo due anni prima della Strage.
Giudicate Voi, dalle sue parole: «Potrei anche morire da un momento all'altro, ma morirò sereno pensando che resteranno giovani come Voi a difendere le idee in cui credono: ecco, in quel caso non sarò morto invano».

Su quel tavolo c’era il futuro Onorevole e Sindaco di Roma Gianni Alemanno, capo duro & puro, del Fronte della Gioventù. Paolo affermò senza mezzi termini, ai tanti giovani presenti, che nonostante tutto si può combattere e morire per un Ideale sacro come la Patria. 
Lui combatteva per uno Stato Etico a difesa dei Cittadini, gli stessi che oggi si riversano nelle Piazze uniti nel ricordo, senza dar peso al ronzio delle onnipresenti polemiche sterili e banali.

Perché nessuno focalizza l’attenzione sulla composizione organica delle Piazze che onorano ogni anno la Memoria di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone? 
C’è il Rosso dei Libretti Rossi, il Nero dei Tricolori, i fazzoletti dei partigiani e il colore di tanti giovani Cittadini.
Il diritto alla Giustizia è un dovere per lo Stato.

Tutti/e uniti/e nel suo ricordo, nonostante le ataviche divergenze di pensiero.
Il messaggio di Paolo è trasversale e continua dar fastidio al $istema, anche dopo la morte.

Giuseppe Tricoli, parlamentare del Movimento Sociale Italiano ci trasmette una testimonianza unica, che dovrebbe spingere tutti/e a riflettere: «Ricordo con emozione quel giorno a Siracusa, durante la Festa Nazionale del Fronte della Gioventù nel 1990, quando conobbi personalmente Paolo Borsellino. Lui non aveva mai nascosto le sue idee e trascorsi politici, ma partecipare ad una festa del FdG all'epoca non era facile. Lui andò oltre e dichiarò espressamente alla fine del suo discorso: Sono uno di Voi».

Quel Voi pesa sulle coscienze nere di molti dirigenti, del Msi prima e di Alleanza Nazionale poi. 
Quel Voi, però, era diretto ai Militanti del Popolo Italiano onesto, produttivo e alternativo al marcio.
Paolo sapeva di dover pagare con la vita e non ha mollato e non ha tradito, a differenza di altri.

In venti anni di errori, "i colonnelli traditori" hanno spento definitivamente la Fiaccola e/o la Fiamma, lasciando un vuoto, soprattutto etico, sul panorama nazionale.
Complotti, strategie, trame nere e tarantelle varie. 
Disperdere anni di Lotta e di Passione, fino al punto di arrivare a pagare i figuranti per gremire le piazze, resta un'impresa ardua. 
E' andata così, mettiamoci una croce sopra. Anche quella di San Patrizio va bene. 
La potenziale alternativa al Sistema fagocitata dal Sistema stesso.
Chi ha perso la Vita e chi la faccia.

Il Sud sarà la tomba del Sistema?
Il $istema sarà la tomba del Sud, se non incarneremo il Mito.


Grazie, Paolo. 
                                                                                                                                       Lo Schiaffo 451